Per miei lettori che parlano italiano, visto che il libro e' solo in lingua italiana.
A piedi nudi sulla terra si cammina meglio. Milena
Bello! Una lettura simpatica che mi ha fatto ritornare indietro ai miei tempi in India assaporando tutto ciò che di straordinario e magico ho vissuto in quel grande paese.
Baba Cesare raccontato dalla penna frizzante e sincera di Folco Terzani figlio del famoso Tiziano il cui vissuto non e' dei più' leggeri da ereditare, vive una vita molto "anti corrente" dalla sua adolescenza fino alla sua si può ormai dire vecchiaia. La storia di un uomo nato per sbaglio in Italia e che ha fatto dell'India la sua vera casa, nel vero senso della parola. Chi conosce l'India sa che se la si ama profondamente e' difficile starne lontani. Lo vivo sulla mia pelle il dolore del distacco fisico dalla grande Madre spirituale della terra. Una terra che Gandhi aveva dichiarato indipendente e che ora, almeno già' da vent'anni possiede come simbolo della sua libertà' la bomba atomica. Così' e' l'India tutto e' concesso e tutto e' ammesso. Come nella vita di questo sadhu ( colui che ha rinunciato a tutto - asceta) dalle origini italiane che non si trova a vivere in occidente e per caso e forse per un po' di volontà' sua si mette alla ricerca non sapendo ancora cosa cercare. E cammina a piedi scalzi per l'India incontrando gente sulla sua onda e diventando dopo anni di "tirocinio spirituale" un vero sadhu.
Certo baba Cesare veniva da un passato di stupefacenti negli albori di un Italia che scopriva la marijuana, l' hashish, l'eroina e la morfina. Erano gli anni sessanta e settanta.
E pur avendo rinunciato "alle cose della vita mondana" non ha smesso sesso e nemmeno di fumare. Ma nella sua setta di sadhu questo e' concesso. E i sadhu sono famosi per fumare la charas. Il libro di Folco T. fa sorridere, sicuramente me dove ritrovo nella sua narrazione un' India di hippy quegli occidentali e di sadhu quelli orientali.
Mi ricordo che più' di vent'anni fa camminando da sola lungo il fianco della montagna di Kedarnath per raggiungere in pellegrinaggio uno dei templi piu' sacri dell'India dedicato a Shiva, ho incontrato molti di questi sadhu. E mi sono fermata con loro perché' ci si ferma come gli altri pellegrini a fumare charas e bere il chai che ti offrivano. E così' tra un chillum e un 'altro ce l'ho fatta ad arrivare alla cittadina che custodisce il tempio a più' di 3500 metri di altitudine. Il percorso che si stagliava a zig zag su per la montagna era ricco di queste grotte e insenature nella montagne che coloravano di arancione come i loro abitanti il paesaggio mozza fiato della montagna.
Che simpaticoni i Sadhu, sempre a ridere e a parlarti di Bhagawan ( Dio in Hindi).
On the way to Kedarnath temple. Sorry for the quality of the picture
Avevo lasciato il resto del gruppo con cui stavo esplorando l'Himalaya indiano nel villaggio di Gaurikund e avevo deciso di partire da sola senza dipendere da nessuno. La partenza alla mattina e' alle sei e come in una processione cristiana ci si arrampica su questa montagna per 14 chilometri uno dopo l'altro. Ero stupita per la prima volta ho visto uomini che portavano in un cesta sulla schiena altri pellegrini, forse troppo pigri o altri magari ammalati. Certo si pagava una cifra per questo taxi umano, ma io mi sono detta piuttosto su un cavallo che su un uomo. Non potrei mai per coscienza sentire uno che suda e fa fatica sotto di me e come un imperialista inglese pagarlo perché mi porti. Che orrore. Ho preferito sudare le mie di camice e al ritorno la stessa giornata prendere un cavallo. Che avventura stare sul a groppa di questo enorme cavallo lungo sentieri che scendevano al bordo di precipizi. Una scivolata del mio caro cavallo e avrei raggiunto Shiva o meglio il mio di Dio, nell' aldilà'.
I have arrived outside the village of Kedarnath temple at 3500. ( May 1990)
Ho faticato, ero fuori allenamento, vivere nell'ashram di Osho certo non mi preparava a fare trekking in montagna, in più avevo i miei soliti problemi alle ginocchia che da quando ho avuto l'incidente mi accompagnano sempre. Che viaggio bellissimo una camminata in mezzo a queste montagne dove potevi osservare i picchi imbiancati del pre Himalaya. Io che camminavo con molti altri indiani che non conoscevo ma con cui mi sentivo molto vicina. Ogni passo era la gioia di sentirmi più vicino a Dio. E' li che ho realizzato come amo profondamente l'India. Un giorno forse ci torno in quel villaggio di montagna dove ho lasciato un pezzo di cuore negli occhi di un indiano che faceva i chapati ( il pane indiano).
Il libro di Folco Terzani "A piedi nudi sulla terra" mi ha anche fatto rivivere quei solitari momenti sulla spiaggia di Arambol a Goa dove il suo Baba Cesare aveva fatto la casa (una capanna nella giungla vicina all'oceano), e come era deserta e tranquilla quella cara spiaggia.
Vedendo delle foto in internet della stessa spiaggia mi si appesantisce il cuore. Tutto e' cambiato, non c'e' più' quell' aria selvaggia e se vuoi da sadhu come allora. Sono felice che ci sono stata negli anni ottanta e inizi del novanta prima che diventasse un' altra spiaggia di Goa sfruttata turisticamente e l'itinerario dei nuovi hippy a passare le notti a fare trance dance. Leggere le pagine di Folco e' stato un po' come tuffarmi nel mio bel passato e ancora una volta provare riconoscenza per tutto cio' che ho vissuto nella mia amata India. Non sono i ricordi della mia vita nell'Ashram di Osho a farmi sobbalzare il cuore e sentirmi così' vicina al mondo indiano invece sono tutti gli altri posti che ho esplorato fuori dall'Ashram.
Nell'Ashram i più' bei ricordi sono quando si andava al discorso di Osho la mattina nella sua casa a Chuang ta tzu, era l' 87 e '88. E poi dopo la sua morte nel gennaio del 1990 nella cella frigorifera: una stanza con il pavimento di marmo e il soffitto con lampadari di cristallo, una vetrata a forma semicircolare che si affaccia sul giardino selvaggio. Questo e' il samadhi dove sono depositate le ceneri di Osho sotto una scritta che dice: "Never born and never died". Mai nato e mai morto.
Il silenzio e' solo interrotto dall'aria condizionata e dai suoni dei strumenti indiani dei musicisti. E l'unica cosa che rimane da fare e andare dentro di se' e lasciarsi trasportare in profondità' dove si può incontrare Dio. Per fortuna non ho bisogno del Samadhi di Osho per raggiungere questo, ma dovunque sono posso chiudere gli occhi e entrare in preghiera.
Chi ama l'India deve leggere questo libro di Folco Terzani e poi trarre le conclusione che vuole. Io personalmente l'ho letto con grande passione in un momento della mia vita questa estate dove amici e familiari morivano accanto a me' come gocce di rugiada al mattino si asciugano al sole e avevo estremo bisogno di sentire la terra nuda sotto i piedi per ricordarmi che esiste solo la realtà' del presente e che il nostro passato ha dato le radici al nostro presente come il momento di ora formerà' il futuro. Così' salivo sulla montagna sopra il mio paese che si affaccia sulla valle di Non e mi sentivo vicina alla mia India toglievo i scarponi e rimanevo a piedi nudi sull'erba o roccia e dopo aver letto alcune pagine chiudevo gli occhi. E poi solo il silenzio.
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